Sabato scorso, nella sua diretta su Instagram, la psicoterapeuta e insegnante di mindfulness Nicoletta Cinotti ha parlato di età e felicità. Un temone, sul quale gravano una caterva di stereotipi e pregiudizi, soprattutto per noi signore. Tra le tante cose incoraggianti, una soprattutto mi ha colpita, e cioè la differenza tra:
Intelligenza cristallizzata: si basa su quello che abbiamo già imparato in tutta la nostra vita.
Intelligenza fluida: si coltiva attraverso l’apprendimento di cose nuove.
Quella che mantiene cognitivamente giovani e può rendere felici è l’intelligenza fluida, il cui motore è la curiosità. Quindi allenarsi a fare le stesse cose di sempre oppure proporsi di risolvere complicati schemi di parole crociate serve a poco. Quello che serve davvero è avventurarsi in nuovi campi, nuovi studi, nuovi progetti. A qualsiasi età.
Io pensavo di fare già tanto per la plasticità del mio cervello riprendendo in maniera intensiva uno dei miei grandi amori di ventenne: lo studio della lingua tedesca. Mai abbandonato, ma trascurato sì, invece oggi efficacissimo e divertente grazie a video e app. Poi, due anni fa, sono arrivate le intelligenze artificiali generative a darmi uno scossone. Ho riprovato esattamente quel brivido, quella sensazione di un orizzonte che si spalanca che provai a metà degli anni Novanta del secolo scorso affacciandomi per la prima volta su un browser. Una cosa che cambiò decisamente la mia vita professionale.
Smemorata & smanettona
Ho così ripreso molto gusto nel seguire le applicazioni di AI e i loro continui aggiornamenti, a sperimentarci e a giocarci (grazie grazie Raffaele Gaito!). Sinceramente, spesso faccio molto prima a fare le cose da sola, però nella mia quotidianità ormai mi sono abituata a “invitare l’AI alla mia tavola” per le cose più diverse, da una ricetta svuotafrigo a una breve conversazione in tedesco con la versione vocale di ChatGPT. Oltre al lavoro, naturalmente, dove tengo sempre aperti Claude e NotebookLM. Non tanto per la produttività, ma per il gusto di sperimentare.
L’espressione “invitare l’AI alla propria tavola” l’ho mutuata da Ethan Mollick, autore di Co-intelligence, Living and working with AI, un libro che riflette sul ruolo dell’AI sta prendendo e soprattutto prenderà nelle nostre vite.
Dopo la lettura mi sono accorta che Mollick ha una interessantissima newsletter sull’AI qui su Substack, One Useful Thing, che vi raccomando caldamente di seguire. Nell’ultimo post, all’insegna di quella che chiama la “saggezza pratica dell’AI” elenca 15 cose che consiglia di fare con l’AI e 5 per le quali ne sconsiglia l’uso. Una di queste 5 mi ha risuonato moltissimo perché tocca un tema sul quale mi sto molto interrogando e del quale ho parlato anche alla fine del mio intervento a Learning More Festival di Modena.
"1. Quando hai bisogno di apprendere e sintetizzare nuove idee o informazioni. Chiedere un riassunto non è la stessa cosa che leggere per conto proprio. Chiedere all'AI di risolvere un problema non è un modo efficace per imparare, anche se può sembrare che lo sia. Per imparare qualcosa di nuovo, dobbiamo leggere e riflettere noi, anche se possiamo comunque trovare utile l’intelligenza artificiale per alcune fasi del processo di apprendimento."
E qui arriviamo alla scrittura
Il processo di apprendimento, appunto. Una cosa che mi interessa e mi appassiona, visto che riguarda direttamente il mio mestiere. Come cambia l’insegnamento della scrittura ora che è possibile farsi scrivere i testi in modo molto più che dignitoso, per di più in una manciata di secondi? La risposta di Mollick conferma il mio pensiero. Proprio ora, la scrittura e tutto il corredo di pensiero che la sostiene devono essere ancora più raffinati, ancora più affilati. Concentrati soprattutto sul come e sul perché un testo funziona e, naturalmente, su come funzioniamo noi che scrivendo pensiamo e ci trasformiamo. Sempre Mollick:
"Come ogni forma di saggezza, usare bene l'AI richiede di tenere a mente idee contrastanti: può essere trasformativa ma deve essere approcciata con scetticismo, potente ma soggetta a fallimenti sottili, essenziale per alcuni compiti ma attivamente dannosa per altri."
"Sapere quando utilizzare l'AI si rivela essere una forma di saggezza, non solo di conoscenza tecnica. Come la maggior parte della saggezza, è in qualche modo paradossale: l'AI è spesso più utile quando siamo già abbastanza esperti da individuare i suoi errori, ma meno utile nel lavoro approfondito che ci ha reso esperti in primo luogo. Funziona meglio per i compiti che potremmo svolgere da soli ma sui quali non dovremmo sprecare tempo, mentre può attivamente danneggiare il nostro apprendimento quando la usiamo per evitare le difficoltà necessarie."
Quando lottare e quando delegare
Per esperienza personale e condivisa, sono assolutamente d’accordo sulle difficoltà necessarie. Capire quali difficoltà sono necessarie e quali no fa parte delle “nuove saggezze” che l’AI ci invita a sviluppare.
La difficoltà forse più necessaria è quella del foglio bianco. Me lo fece molto poeticamente capire anni fa uno splendido libro, cui dedicai un articolo sul mio “sito vintage”: Don Murray, lessons from America’s greatest writing teacher. L’idea era semplice: si impara a scrivere dal testo stesso nel suo farsi, basta saperlo ascoltare. Per me, fu una rivelazione. Ma di quel “farsi” dobbiamo essere partecipi, stare lì, con pazienza, per tutto il tempo che serve.
Scrivere è un’eterna sperimentazione
Gli insegnamenti di Murray sono alla base di un metodo innovativo di insegnamento della scrittura e della lettura che si va affermando anche nella scuola italiana: Reading & Writing Workshop. Per fortuna, perché lo trovo di un’intelligenza ed efficacia straordinarie, soprattutto per questi tempi distratti e per questo Paese, sempre più ignorante e scoraggiato, come ci hanno appena mostrato impietosamente sia i dati OCSE su literacy e numeracy sia il Rapporto Censis. RWW è un metodo che va bene per tutti, dai 5 ai 100 anni. Per bambine, bambini e adolescenti; con gli opportuni aggiustamenti anche per professionisti e amministratrici delegate.
Il RWW trasforma la classe in laboratorio-biblioteca dove ciascuno decide cosa leggere e scrivere sui modelli proposti dalla docente, che diventa guida e consulente; poi si legge, anche ad alta voce, e si condivide. Se ho suscitato la tua curiosità sul metodo, puoi leggere:
sul Post: Come do i voti ai temi, di Gianluca Nativo
sul mio blog Il Mestiere di Scrivere: Affidiamoci ai “testi maestri”
Un nuovo orizzonte della prof. Linda Cavadini, che ha tenuto a Modena uno splendido talk insieme a due colleghe.
Intelligenza estesa e Creatività ristretta
Si è già scritto molto sulla appropriatezza della denominazione Intelligenza Artificiale. Stefano Bartezzaghi propone di rinominare così le due intelligenze, artificiale e umana: Intelligenza Estesa e Creatività Ristretta. Dove “ristretta” sta per profonda, esigente, intenzionale e, aggiungerei, anche intima e presente. Una ci aiuta a fare tanto e velocemente, l’altra a capire chi siamo.
Statemi bene, ci sentiamo nel nuovo anno!
Luisa
Io le chiamerei "Intelligenza superficiale e Creatività profonda", mi sembra più realistico.
Recentemente, su LinkedIn, ho commentato un post in cui si discuteva se usare o no l'AI per commentare i post.
Scrissi che per me scrivere era un modo di pensare, e se devo pensare scrivo. Perché a volte quello che ho nella testa mi convince ma una volta scritto mi rendo conto di che pirlaggine sia. E quindi ci ripenso.
Non sono un luddista, ma non voglio nemmeno una ai-prezzemolina su qualunque cosa
Uso l'ai per tradurre a volte in inglese, se il resto è lungo, povero e noioso.